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TERAPIA DELLA FAMIGLIA : L'APPROCCIO SISTEMICO RELAZIONALE

La terapia della famiglia iniziò a diffondersi negli Stati Uniti durante gli anni '50, in particolare grazie ale teorie della prima e seconda cibernetica e la teoria dei sistemi elaborata da L Von Bertanlaffy.

La "Scuola di Palo Alto" e il Mental Research Institute, con i loro maggiori esponenti (Gregory Bateson, Don D. Jackson, Jay Haley, Paul Watzlawick), furono i principali centri di sviluppo della terapia sistemica familiare. In particolare, gli studi condotti dall'antropologo Gregory Bateson e l'elaborazione del modello teorico dell' "epistemologia cibernetica" hanno reso evidente il nesso tra teoria dei sistemi e terapia familiare.

In Europa e in Italia, questa metodologia d'intervento giunse al nostro sguardo soltanto durante gli anni '80, grazie al lavoro del Gruppo “Milan Approach" fondato da Mara Selvini Palazzoli (a cui si deve la prima scuola di formazione sistemico fmailiare), Boscolo, Cecchin e Giuliana Prata e venne impiegata, in modo particolare, nei servizi di salute pubblica, nel campo della patologia psichiatrica degli adulti, nel trattamento dei disturbi alimentari, nel campo delle tossicodipendenze e negli ultimi anni anche nelle problematiche che riguardano la separazione-divorzi e nelle problematiche scolastiche.

L’approccio sistemico ha totalmente modificato il modo di considerare le categorie cliniche quali il sintomo, la diagnosi e il trattamento operando una ridefinizione in termini relazionali.

Esso, infatti, è fondato sul presupposto che non sia possibile spiegare lo sviluppo di un individuo in modo indipendente dal sistema, cioè dal contesto ambientale nel quale è vissuto e vive e dalla rete di relazioni significative in cui è immerso (in primis la famiglia, che in continua evoluzione durante il ciclo di vita, rappresenta il sistema cardine del soggetto), poichè essi si influenzano reciprocamente e circolarmente.

Il sintomo, allora, non viene più considerato solo come una problematica individuale, bensì come espressione di una disfunzione più complessa e globale insita nel sistema di appartenenza. 

COME SI STRUTTURA UN PERCORSO DI TERAPIA SISTEMICO RELAZIONALE ? 

A seconda della situazione del paziente designato, il terapeuta può scegliere se procedere con sedute individuali, di gruppo o alternate.  Le sedute di terapia sistemico-relazionale, a seconda del formato scelto, possono prevedere la presenza di più terapeuti . Questi ultimi possono porsi o come co-conduttori insieme in seduta oppure nel formato di un conduttore diretto in seduta e uno o più supervisori in èquipe o, ove ve ne sia la disponibilità e la presenza, dietro lo specchio unidirezionale (si tratta di un normale vetro che, però, consente ai supervisori di poter osservare l'interazione e quindi di studiare un programma a hoc per quel caso specifico). 

La ragione per cui, nella terapia familiare, è molto importante lavorare in gruppo e in èquipe, è data dal fatto che tutti noi, sia che ci troviamo seduti alla scrivania nella posizione di psicologi sia che ci troviamo lì come pazienti, siamo stati bambini e siamo cresciuti con delle radici che ci hanno dato un impronta, un modo di relazionarci e di vedere il mondo, una certa sensibilità per una cosa piuttosto che per un'altra e quindi, quando ci troviamo a impattare soprattutto con qualcosa che ci tocca da vicino, a volte riusciamo solo parzialmente a staccarci da questa impronta personale. Certo, noi psicologi ci siamo esercitati molto a mantenere una posizione neutra e abbiamo lavorato molto sui nostri problemi personali e sulle nostre lacune perchè queste, che noi chiamiamo risonanze personali, non vadano a indebolire il lavoro con i clienti...però i problemi fanno parte della vita e anche noi magari inconsciamente scegliamo il partner che somiglia al nostro genitore , ci ammaliamo, subiamo perdite...e il nostro modo più intimo di reagire è legato a come siamo cresciuti ...perciò, in sistemica, siamo all'idea che avere l'occhio di colleghi che osservano se stiamo portando avanti il lavoro nel modo più efficace possibile per la famiglia che abbiamo di fronte e ci supportano studiando le modalità migliori di aiutarla, è una grande risorsa. inoltre, quando le famiglie sono numerose, spesso il terapeuta che si trovi solo non riesce a dare la giusta attenzione a tutti i membri come vorrebbe, mentre quando si è in due si può distribuire più equamente l'attenzione e anche non perdere indizi verbali e non verbali preziosi.

L'intervento terapeutico si basa, dunque, sull’osservazione delle modalità di relazione tra il paziente e la sua famiglia e mira a modificare i modelli disfunzionali presenti nel contesto entro il quale il disagio del paziente è emerso, attraverso un processo di co – costruzione tra terapeuta ed individuo/famiglia e una valutazione dello specifico caso secondo 7 sfaccettature (Contesto, Sintomo, Legame d'attaccamento, Diagnosi di personalità, Diagnosi sistemica, Diagnosi tri-generazionale, Transfert / Controtransfert), al fine di stimolare le risorse familiari e rafforzare sia il funzionamento individuale sia quello familiare, per far fronte in maniera efficace agli eventi normativi e non normativi che si susseguono in modo naturale (compiti di sviluppo, nascita, morte, malattia, allargamenti famigliari etc..) piuttosto che imprevedibile (lutti improvvisi, divorzi, perdita del lavoro, crollo economico, incidenti etc..) nel ciclo della vita di un individuo e di una famiglia.

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EMDR (traumi /lutti / disturbi post-traumatici)

DESENSIBILIZZAZIONE E RIELABORAZIONE BASATA SUI 

MOVIMENTI OCULARI

COME NASCE l’EMDR :

Nel 1987 la psicologa Francine Shapiro scoprì casualmente su di sé che i movimenti oculari volontari riducevano l’intensità dei pensieri negativi disturbanti e/o ossessivi.

Nell’89 iniziò, quindi, una ricerca per esaminare l’efficacia dell’EMDR nel trattamento di alcuni individui traumatizzati, come i veterani della guerra del Vietnam e le vittime di abusi sessuali, che avevano manifestato un disturbo post-traumatico da stress (PTSD) e si erano rivelati soggetti particolarmente difficili nella cura. La sua intuizione fu quella secondo cui, per aiutare alcuni pazienti era necessario trattare il ricordo traumatico in una maniera differente da come lo si faceva attraverso la sola terapia della parola, spesso bloccata e inaccessibile in certe condizioni. Fu così che si aprì lo sguardo a questo nuovo metodo terapeutico, che oggi è stato organizzato in un protocollo standard di otto fasi volte a neutralizzare il ricordo disfunzionale e/o l’esperienza traumatica, integrandoli nella propria storia di vita in modo che non risultino più interferenti e intrusivi. La Dr.ssa Shapiro nel 2002 ha ricevuto il premio Sigmund Freud, uno dei più alti riconoscimenti nell’ambito della psicoterapia. 

COS’È L’EMDR?

L’EMDR rappresenta un’evoluzione nel campo della psicoterapia legato all’elaborazione dell’informazione. Esso, infatti, focalizzandosi sul ricordo vero e proprio e non sulla reazione o sulla patologia scaturite dall’evento, parte dall’assunto che una certa informazione sia stata immagazzinata in modo non funzionale e per questo mira a ripristinare quel certo processo fisiologico naturale che in un dato momento non ha funzionato correttamente e che si è “congelato” in modo inadeguato inceppando il sistema.

In questi termini, dunque, il trauma è il risultato mentale di un evento o una serie di eventi improvvisi ed esterni, in grado di rendere l’individuo temporaneamente inerme e di disgregare le sue strategie di difesa e di adattamento.

L’l’EMDR consiste nell’evocare dapprima il ricordo traumatico in tutte le sue componenti (visiva, emotiva, cognitiva e fisica, vale a dire attraverso le sensazioni del corpo), per poi stimolare, tramite stimolazione bilaterale, il sistema innato di elaborazione dell’informazione che fino a quel momento non era ancora riuscito a digerire l’impatto traumatico in tutte le sue componenti. I movimenti oculari che ne scaturiscono sono paragonabili a quelli che si verificano spontaneamente durante il sonno REM (sonno profondo) e, come molti studi di neuroimaging dimostrano aumentando l’attivazione della corteccia prefrontale, riescono a stimolare il sistema naturale di guarigione del cervello in modo che completi quello che non era riuscito a fare da solo dopo il trauma. In questo modo l’EMDR influisce sul modo di pensare e sulle emozioni delle persone, aiutando il cervello a integrare gli elementi emotivi e cognitivi dell’esperienza e aumentandone le capacità di immagazzinamento.

QUANDO SI APPLICA ?

Può essere eseguito SOLTANTO da uno psicologo che abbia seguito una formazione certificata in EMDR.

Può essere adoperato tanto con i cosiddetti traumi “T” la cui drammaticità è eclatante (esposizione a morte reale o minaccia di morte, grave lesione, violenza sessuale, disastri, guerre etc..) che con traumi minori “t”, ovvero esperienze relazionali oggettivamente non drammatiche come le prime, ma che, specie qualora si siano ripetute nel tempo e/o si siano verificate in età evolutiva, hanno lasciato soggettivamente il segno risultando disturbanti e/o disadattanti.

Es: Gravi shock / traumi, Dipendenza e abuso da sostanze e da alcolici, Disturbi dell’alimentazione, Depressione, Ansia, Attacchi di panico, Disturbo post-traumatico o acuto da stress, Disturbi dell’attaccamento, Disturbi del sonno, Disturbi della sfera sessuale etc.. 

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